DOMENICA 16 GIUGNO 2024
IL PENSIERO QUANTICO
SCEGLIERE LA GIOIA
(liberamente tratto dal saggio di Franco Nanetti “La guarigione del cuore” ©Copyright)
Franco Nanetti
“Ogni ideale, qualsiasi esso sia, possiede una magica virtù:
noi siamo legati a lui ed esso ci comunica qualcosa della sua quintessenza.
Se quell’ideale è elevato, ci trasmette continuamente particelle e correnti benefiche: dato che noi lo abbiamo formato, dato che pensiamo a lui e lo amiamo, esso è sempre presente per migliorare le condizioni, ed è così che un giorno
troveremo nella nostra vita le nuove condizioni create da quello stesso ideale.
Ma affinché ciò si avveri, è necessario amarlo, pensare a lui, nutrirlo e, nonostante la sua immensità e la distanza che ci separa da lui,
non dobbiamo mai smettere di cullarlo nel nostro cuore e nella nostra anima”.
Omraam M.Aivanhov
Secondo le “scienze spirituali” la chiarezza della visione spesso trova spazio dentro la disciplina dell’azione impeccabile.
Finché non ti decidi di sperimentare quello che fai andando fino in fondo alle cose, rischi di rimanere eternamente nel dubbio, di cadere vittima di reiterati fallimenti e di un affievolirsi dei tuoi desideri.
In questa prospettiva vale la pena comprendere che sovente quello che ci appassiona si fa strada attraverso il compiere in modo impeccabile quello che facciamo nel qui ed ora senza immaginare di volere fare altro o essere altrove o di non incontrare l’errore.
Talora solo nel fare quello che reputi “giusto fare” permetti alla tua anima di “illuminarsi” della sovrabbondanza della vita.
Nel buddhismo zen si dice: “Sii quello che fai, evitando di fare le cose in modo svogliato o alla luce di un insano perfezionismo.
Sii un tutt’uno con l’azione, in una sinergia tra il fare e l’essere, distante da qualsiasi forma di dualità”.
Essere un tutt’uno con l’azione significa “riflettere” prima di agire ma senza avere poi “tentennamenti” mentre si agisce.
Scrive a questo proposito, con illuminante prospettiva, seguendo le orme dello spirito di Lao-tzu (VI secolo a.C), Byron Katie (2007): “Se hai il pensiero che i piatti devono essere lavati, lavali.
Questo è il paradiso.
L’inferno invece è chiederti “perché?”.
L’inferno è rimanere nell’esitazione: “Li laverò più tardi”, “Non sono obbligato a farlo”, “Non è giusto”, “Qualcun altro dovrebbe farlo”. E così via, diecimila pensieri al minuto”.
Se decidi di fare qualcosa, falla semplicemente.
“Fare la prossima cosa senza discussioni mentali, scrive Byron Katie (2007), è devozione a Dio, in quanto è una cosa meravigliosa semplicemente ascoltare e obbedire, sentire e fare, perché, afferma, se saprai seguire la voce, alla fine comprenderai che non c’è nemmeno una voce, che c’è solo movimento, che tu sei il movimento e guardi semplicemente mentre si fa da solo”.
L’essere nell’azione impeccabile riduce qualsiasi giudizio che potrebbe condurti verso la perdizione egoica.
L’inferno è cadere vittima di una sorta di rimuginio mentale, della costante ansia di pensare e volere che le cose vadano necessariamente bene.
Non serve essere sempre incerti su quello che accadrà.
Tutto (o quasi!) si dispiega a nostra insaputa.
Scriveva Johann Wolfang von Goethe: “La vita non ci appartiene. Noi apparteniamo alla vita”.
Per questa ragione nel prodigarsi tra le infinite incombenze occorre leggiadria e non pensosità.
Non sempre tale pratica centrata sull’azione impeccabile è facile.
Ma se sappiamo procedere in questa direzione ci rendiamo conto che l’ansia si riduce, che cominciamo ad essere gioiosi, che siamo in pace con quello che facciamo.
Ore 9-12.30
PROGRAMMA
Principi di psicologia transpersonale
L’intelligenza cardiaca
Detox relazionale: affrancarsi dalle cattive compagnie
Le molteplici forme della nostra mission: scoprire come incarnare consapevolmente la propria parte divina
Nulla da respingere, nulla da trattenere
Come affrancarsi dalle forme di cristallizzazione delle ferite del passato secondo i presupposti della guarigione quantistica
Relatore: Franco Nanetti
(Università di Urbino)
Il costo dell’intera mattinata comprensiva di materiale didattico è di 30 euro.
L’importo per l’iscrizione può essere depositato al seguente IBAN intestato all’AIPAC:
IT80L0538713310000042082143
entro venerdì alle ore 20 della settimana precedente al seminario. Chiediamo gentilmente di indicare nella causale nome cognome e le date di partecipazione e inviarlo alla mail del tutor di riferimento.
DOMENICA 16 GIUGNO 2024 (2° Post)
Franco Nanetti
©Copyright
IL PENSIERO QUANTICO
SCEGLIERE LA GIOIA
La parola autentica … liberi dalle trappole del giudizio separativo
(liberamente tratto dal saggio di Franco Nanetti “La guarigione del cuore” ©Copyright)
“Quando sperimentiamo un’intensa sofferenza ciò potrebbe essere l’esito di ferite che incombono nel nostro quotidiano (…) Allora si tratta di tornare alla consapevolezza della nostra vita eterna”.
James Hillman nel “Codice dell’anima”
“Non giudicate per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?
O come potrai dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? ”
Mt 7, 1-5
Il giudizio ostativo o avversativo che condanna va distinto dal giudizio volto a discriminare utilizzato per valutare la realtà con chiarezza di visione al fine di procedere verso scelte etiche opportune.
Mentre il giudizio che discrimina si basa su un’attribuzione di valore che “distingue”, ma che non inchioda mai l’altro né se stessi in una definizione senza appello, il giudizio sanzionatorio o giudizio che condanna è un modo di pensare che fissa una cosa, un atto, un’immagine, senza che sia possibile alcuna replica o confronto.
Tale giudizio indica povertà di pensiero, di visione e di linguaggio.
Domandarono a Confucio: “Dove cominceresti se dovessi governare il popolo?”.
“Migliorerei l’uso del linguaggio”, rispose il maestro.
Gli ascoltatori rimasero sorpresi: “Ma non c’entra con la nostra domanda”, dissero, “Che cosa significa migliorare l’uso del linguaggio?”.
Confucio rispose: “Se il linguaggio non è preciso, ciò che si dice non è ciò che si pensa; e se ciò che si dice non è ciò che si pensa, le opere rimangono irrealizzate; ma se non si realizzano le opere, non progredirà la morale né l’arte, e se arte e morale non progrediscono, la giustizia non sarà giusta; ma se la giustizia non sarà giusta, la nazione non conoscerà il fondamento su cui si fonda e il fine a cui tende.
Non si tolleri perciò alcun arbitrio nelle parole.
Ecco il problema primo e fondamentale”.
Come suggerisce Confucio se impariamo a diventare guardiani del linguaggio, possiamo rendere migliore la nostra vita e quella delle persone che ci sono vicino.
In questa prospettiva vanno evitate parole che uccidono, che come sostiene Dejean Chantal alcune persone ne fanno uso per gestire il potere, sentirsi superiori, negare la propria ombra e le proprie mancanze inibendo negli altri (ma anche in se stessi) l’azione espansiva nell’amore, nella verità e nella bellezza.
Le parole possono ferire più di qualsiasi arma, possono distruggere la reputazione di una persona rovinandole la carriera, possono mandare all’aria sodalizi e matrimoni, possono seppellire una vita spesa interamente per il bene.
Si dice che “uccide più la lingua della spada”.
Ne ho la prova.
Ho conosciuto persone (la “cronaca” stessa in tante circostanze ne ha parlato), che dimentiche di un lavoro su se stessi, si sono lasciate annientare fino alla morte da narcisisti invidiosi che, in modo diretto o indiretto, ipocrita e farisaica, non mostrando il loro vero volto, attraverso la calunnia, la maldicenza, la malalingua hanno demolito l’immagine di coloro che invidiavano o osteggiavano.
Tali dimensioni demoniache del male-dire presentano tuttavia alcune differenze.
Se la calunnia consiste nel diffondere una menzogna a proposito di un’altra persona alla quale non si vuole che gli venga riconosciuto nulla di buono, la maldicenza è molto più malvagia e sottile in quanto si concentra nel dare un’informazione vera con l’intento di diffamare qualcuno, mentre la malalingua, definita nel Talmud “sozzura della (mala) lingua”, divulga informazioni, riferite da una terza persona, affermando falsamente di non avere motivi nascosti per farlo.
Il maldicente talora simula bontà ed apparente imparzialità, cercando di rendere la denigrazione più convincente e sottraendosi da ogni colpa.
Il malvagio prevalentemente abusa della malalingua e della maldicenza.
Le sue informazioni, coperte da pseudo-innocenza, sono infette da rancore, rabbia, odio per l’essere umano a partire da sé stesso.
Talvolta la malalingua si basa su cose inventate o giudizi affrettati, talvolta su mezze verità.
Quando oggi qualcuno vuole distruggerti prende un frammento di un tuo scritto o di un tuo discorso o semplicemente della tua vita (qualche ombra c’è sempre) e ti costringe a difenderti mettendoti sotto accusa.
Scriveva San Francesco di Sales (vescovo cattolico vissuto tra il 1567 e il 1622): “Non dite che il tale è un ubriaco o un ladro, perché lo avete visto rubare o ubriacarsi una sola volta. Noè e Lot si ubriacarono una volta; eppure né l’uno né l’altro erano degli ubriachi.
Una persona non è viziosa, per essere caduta una volta nel vizio, e quand’anche vi cadesse più volte, parlandone male si corre il rischio di accusarlo falsamente”.
Chi è nel proprio progetto animico ed è proteso verso l’amore incondizionato e la verità non si dà il tempo di screditare nessuno.
Purtroppo di maestri della gogna ne esistono e ne ho conosciuti tanti.
Alcuni di questi sono politici, altri benpensanti impegnati nel pubblico impiego, altri sono dediti al dare aiuto sotto la copertura di un ruolo professionale, altri semplicemente al buonismo di facciata che nasconde la loro malvagità.
In tutti i casi comunque come afferma Papa Francesco in una recente omelia, i maestri della gogna trovano nella parola vile un “attacco alla vita” perchè chi calunnia “soffoca la speranza, uccide i sogni, sopprime la gioia, blinda il cuore, raffredda la carità”.
Così afferma Papa Francesco commentando il Vangelo di Luca (6, 39-42):“Quelli che vivono giudicando il prossimo, parlando male di lui, sono ipocriti, perché non hanno la forza, il coraggio di guardare i loro propri difetti (…)” .
L’IMPOSSIBITILITA’ DI DIALOGARE CON LA PROPRIA OMBRA
La calunnia è di chi non volendo soffermarsi su di sé, sui propri lati ombra, a partire da una carenza di capacità introspettiva, cerca di “fare soccombere il fratello.
Nella calunnia, afferma con forza Papa Francesco, “Ripetiamo il gesto di Caino (…), uccidiamo l’immagine di Dio che è nascosta dentro il nostro fratello e questo equivale ad ucciderlo”.
La criminalità delle parole calunniose è subdola e satanica poiché chi la commette non si sente criminale, ma pulito, innocente.
Satana è l’ “accusatore” (“satana” rimanda all’etimologia di satan, che significa avversario, nemico, “colui che separato da noi volge la propria azione al dominio e al controllo”), è colui che, “maestro di menzogna e omicidio”, per ignoranza, inconsapevolezza, superficialità, “banalità del male”, ti giudica ponendosi in una condizione di superiorità, e tramite il giudizio separativo e svalutante inferto ti allontana da Dio, poiché costringendoti a vivere nel ri-sentimento, ti priva della tua libertà e della tua bellezza.
Calunnia, maldicenza, malalingua sono espressioni di una rabbia rancorosa e di un vuoto interiore che il maldicente cerca di compensare oltraggiando, ossia creando le condizioni affinché l’altro, venendo usato e sminuito, “diventi ostaggio dei suoi giudizi”.
Ogni giudizio negativo sull’altro è il riflesso di una condotta reattiva connessa con le emozioni del sè inferiore che sono ostative alla guarigione del cuore.
IL GIUDIZIO E’ UN BOOMERANG
La parola giudicante e separativa non è altro che bieca violenza contro l’altro e contro se stessi.
Se accusi qualcuno di essere passivo o inaffidabile in realtà stai parlando della tua passività e inaffidabilità.
Se manteniamo questi aspetti a livello dell’ombra basta un nonnulla per stare molto male allorché qualcuno ci accusa.
Non serve polemizzare, contrastare, reagire con rabbia perché se scappiamo quella critica si ripresenterà ovunque andiamo e nella forma più intensa di prima.
Per questa ragione Bert Hellinger riteneva che non ci si dovesse mai separare mantenendo un atteggiamento di avversione, ma di farlo attraverso un distacco improntato alla benevolenza.
ELEVARSI
All’origine del Male c’è sempre la disumanizzazione dell’altro.
Per il narcisista “maligno”, l’altro è un oggetto da usare per il proprio piacere o successo e da rifiutare senza sensi di colpa qualora non dia più alcuna utilità (Millon, 2002, Baron-Cohen, 2011, Nanetti, 2015).
MA COME È POSSIBILE RISPONDERE AL MALE IN MODO COSTRUTTIVO SENZA SUBIRLO?
Scriveva Omraam M.Aivanhov: “Per non farvi risucchiare dal male dovete salire nelle regioni più nobili, più pure, più luminose, più divine.
Se con la meditazione, la preghiera, la volontà generosa e sapiente salite, i vostri nemici non vi potranno più raggiungere perché le vostre vibrazioni saranno diverse dalle loro.
Quando qualcuno vuole farvi del male salite in alto, nella regione dove brilla la luce, lì i pensieri negativi ricadranno sui vostri nemici, che saranno spacciati.
Se volete vincere elevatevi in una regione, dove cambiando vita, diventerete invulnerabili”.
Pronunciamo sempre parole autentiche che portino bellezza, amore, salute, forza, utilità e verità.
Un giorno un uomo si recò da Socrate e gli disse:
«Ascolta, ti devo dire qualcosa di importante sul tuo amico».
«Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, «hai fatto passare ai tre setacci quello che hai da dirmi?»
«Quali setacci?»
«Ascolta bene!
Il primo setaccio è quello della verità. Sei sicuro che quello che hai da dirmi corrisponda alla piena verità?»
«Per dire il vero: No! Ma l’ho sentita dire da altri.»
«Però almeno dal setaccio della bontà l’hai fatto passare?»
L’uomo arrossì e rispose: «Devo ammetterlo: No!».
«E hai pensato al terzo setaccio e ti sei chiesto se è utile raccontarmi sul mio amico?»
«Utile? Effettivamente No.»
«Vedi», ribatté il saggio, «se quello che hai da dirmi non è né vero, né buono, né utile, allora tienilo per te».
Quando esprimi giudizi su qualcuno fai in modo che ciò che affermi sia orientato al bene, al buono, all’utile.
Altrimenti stai zitto!
Fai in modo che le parole che usiamo siano migliori del silenzio.
Altrimenti stai zitto!
TRATTIENITI NELLA GIOIA ANCHE NEI MOMENTI DIFFICILI
Evita ogni giudizio che è sollecitato dalle tue emozioni parassite connesse con le ferite della tua infanzia.
Non stagnare per troppo tempo nella tristezza e nella rabbia.
Non diventare affamato di rabbia e di depressione.
Le forze oscure del giudizio separativo non fanno niente altro che accrescerle.
Mentre ogni volta che ti è possibile usa parole che siano connesse con il centro emozionale superiore o via del cuore.
Ogni volta che senti dentro di te emergere situazioni avverse come afferma Thich Nhat Hanh impara ad appropriarti della gioia del cuore perché solo la gioia del cuore ti consente di avere uno sguardo più ampio sul mondo e di godere della sua bellezza.