DOMENICA 30 GIUGNO 2024
LE LEGGI UNIVERSALI DELLO SPIRITO
COME RICONOSCERLE E METTERLE IN PRATICA
Franco Nanetti
(Liberamente tratto dal saggio dal titolo Nanetti F., “Stili relazionali”, Aipac, Pesaro, 2016, ©Copyright)
L’impossibilita’ di rischiare il cambiamento, la morte e la vita.
La prospettiva antropoanalitica
Nell’analisi antropofenomenologica del Typus melancholicus, H. Tellenbach definisce alcuni tratti costitutivi all’interno di costellazioni Includenza e Rimanenza, determinanti la patogenesi della trasformazione endogenetica della melanconia.
Il Typus melancholicus, secondo Tellenbach, tende a ritrovarsi incluso, o ad autoincludersi entro determinati limiti di sicurezza al fine di sfuggire l’angoscia, la sofferenza, la perdita, la colpa, provocando una restrizione del proprio mondo esistenziale e della libertà. Egli, infatti, in questa inclusione stabilisce con le persone e le cose (oggetti) una comunicazione simpatetico‑simbiotica, per cui ogni rottura o distanza con persone ed oggetti del suo mondo, causa un mutamento del proprio ordine spaziale che gli conferiva sicurezza.
Nell’ Includenza, i rapporti umani che il depresso intrattiene, sono della forma operare‑per‑gli‑altri e non essere‑con‑gli‑altri, e non possono mai essere turbati; questi sono rapporti permeati di profonda solitudine, una solitudine che rimanda sempre il melanconico ad un dovere‑stare‑con‑gli‑altri, senza mai essere in una condizione di potere‑stare‑con‑gli‑altri. L’ambito quindi in cui il depresso viene a muoversi risulta ristretto. Accomodato in un piccolo spazio vicino, che gli comprime il necessario sguardo panoramico alla vita, non gli consente di accedere ad una vera autonomia, ad una vera apertura alle esigenze del mondo e del Sè.
Nella costellazione della Rimanenza si può notare che il depresso tende a rimanere indietro rispetto ai progetti ed ai valori da realizzare.
È in debito rispetto alle richieste del proprio operare ed intollerante verso il debito; nulla può essere rimandato al giorno dopo e tutto deve essere eseguito subito, con diligenza e scrupolosità. Non si è mai fatto abbastanza, e mai troppo bene. Vi è costantemente, nel malinconico, un conflitto fra estensione e precisione della prestazione, per cui, o si è frustrati perché non si opera in grande quantità, o si è frustrati poiché non si opera con meticolosa ordinatezza, per cui, in qualsiasi caso c’è insoddisfazione e colpa. Da qui il sentimento di apatia conseguente all’idea che l’impegno profuso non gli consenta di essere amato e riconosciuto come desidera o avrebbe desiderato.
Quando prevale il bisogno di sicurezza sull’amore, il bisogno di sentirsi a posto sul desiderio di fluire e trovare la pienezza della propria anima, tutto si spegne e lo stato melancolico prende il soppravento.
Ore 9-12.30
PROGRAMMA
La legge dell’impermanenza: non nascita e non morte
La legge dell’amore tra bisogno e desiderio
La legge della polarità: dalla causa-effetto al principio dell’effetto-causa
La legge dell’attrazione e della manifestazione
La legge del lasciare andare e del permettere
La legge della corrispondenza: “Come in alto e così in basso”
La legge della vibrazione: “Siamo responsabili dei nostri stati d’animo”.
La via suprema del distacco e della leggerezza
La legge dello specchio: il primato della coscienza secondo Federico Faggin
La legge eudaimonica della vocazione: la pratica del laddering
Relatore: Franco Nanetti
(Università di Urbino)
Costo dell’intera mattinata comprensiva di materiale didattico 30 euro.
L’importo per l’iscrizione può essere depositato al seguente IBAN intestato all’AIPAC:
IT80L0538713310000042082143
entro venerdì alle ore 20 della settimana precedente al seminario. Chiediamo gentilmente di indicare nella causale nome cognome e le date di partecipazione e inviarlo alla mail del tutor di riferimento.
I prossimi appuntamenti 2024 si terranno nei giorni:
14 luglio, 3/4 agosto, 31 agosto/1 settembre, 6 ottobre, 20 ottobre, 3 novembre, 17 novembre, 1 dicembre, 15 dicembre
Franco Nanetti
(liberamente tratto dal saggio dal titolo Nanetti F., “La sofferenza inutile”, Pendragon, Bologna, 2022, ©Copyright)
Thich Nhat Hanh nell’intento di porre in essere il superamento della sofferenza “superflua”, suggerisce quanto segue:
-esercitarsi a “rallentare” per affrancarsi dalla frenesia che ci catapulta in ogni cosa
Si racconta che uno scienziato e un capo indiano si incontrarono per confrontarsi insieme sui grandi temi della tutela della natura e della vita.
Mentre camminavano, ad un certo punto il capo indiano si fermò nell’immobilità.
Lo scienziato gli chiese che cosa era successo.
Il capo indiano rispose: “Stiamo andando troppo di fretta. Le mie riflessioni sono superficiali. La mia anima è rimasta indietro”.
Quante volte nel tentativo di “risolvere problemi” perdiamo il contatto con il nostro intimo “sentire” e con la profondità delle cose e ci catapultiamo nel fare tutto di fretta o nel fare troppo.
La frenesia è un modo per fuggire da chi sei, per non vederti, per non accoglierti nella tua interezza, nella profonda comprensione di te stesso.
Nella frenesia le emozioni che provi non ti consentono di scongelare le emozioni parassite per fare posto alle emozioni del Sé superiore.
Il rallentare, invece, ti consente di disattivare almeno temporaneamente il sistema “attacco/fuga” dove ci sono reti sinaptiche ad altissima velocità, per costituire in un secondo tempo una ramificazione ulteriore di quelle reti sinaptiche connesse con le emozioni del “cuore” funzionali ad un ampliamento del campo delle possibilità.
Di tanto in tanto quindi impara a fare meno.
Fermati e prenditi cura di te.
In quei momenti contempla tutto quello che ti sta attorno e vivi abbandonandoti in quello che contempli;
-imparare a dare spazio a pensieri e sentimenti positivi senza contrastare quelli negativi.
Non puoi cancellare la sofferenza, puoi imparare, prendendoti cura della tua sofferenza, a “soffrire bene”.
Sia nei momenti difficili -ma anche nei momenti “facili”-, puoi nutrire la gioia e la pace senza sforzarti di contrastare la sofferenza.
Nel buddhismo sta scritto, anche se le cose vanno bene in quanto vivi un momento piacevole, “prepara la legna per l’inverno”, ossia allenati a “nutrire consapevolmente” la gioia e la pace, soffrirai meno quando le cose non procederanno per il meglio.
Recenti studi sulla neuroplasticità cerebrale hanno dimostrato che il cervello opportunamente stimolato può creare nuove catene neurali che consolidano un nostro stare bene indipendente da quello che stiamo vivendo, tanto da consentirci di percepire la gioia e la pace anche quando non ci sono le ragioni per viverle.
Il nostro cervello è composto da un network di tredici milioni di interconnessioni. Ogni volta che “pensiamo un pensiero”, creiamo un “sentiero” neurologico nel cervello. Più volte ripensiamo “intensamente” quel pensiero, più il sentiero diventa profondo e più facilmente ci accadrà di pensare lo stesso pensiero.
Attraverso questo processo volto ad aumentare l’intensità e la frequenza del pensiero, avviene che tale pensiero si rende sempre più automatico e capace di attrarre pensieri similari dal punto di vista della qualità vibratoria.
Dal momento che un pensiero malevolo crea altri pensieri malevoli, mentre un pensiero positivo crea altri pensieri positivi, puoi comprendere che disciplinando la tua mente, a piccole dosi potrai creare, anche nei momenti di profonda sofferenza, “altri stati d’animo” ed un diverso destino.
Non cedere all’idea di crogiolarci in pensieri negativi, ma tenendo attivo il tuo telecomando mentale di tanto in tanto “spostati di lato” e appena ti è possibile sintonizzati con pensieri orientati alla benevolenza, alla gratitudine e all’altruismo.
Puoi procedere in questa direzione in qualsiasi momento.
Se succede che un “pensiero negativo” di avversione o di tristezza si fa strada dentro di te, senza dargli troppa attenzione, fai qualcosa di diverso. Dopo un po’ se ne andrà spontaneamente.
Puoi facilitare tutto ciò procedendo nel rievocare ricordi e pensieri di gioia, pace, compassione oppure decidendo di porre l’attenzione sul positivo anche quando le cose non vanno bene.
Suggerisce Thich Nhat Hanh (1978): “Non rimanere per troppo tempo concentrato su ciò che ti inquieta, concentrati su quello che il quotidiano di positivo ti sta donando”.
(…) Ogni sera prima di dormire abituati a scrivere un semplice miracolo accaduto durante la giornata.
Ad esempio, se oggi non hai avuto mal di testa mentre il giorno precedente stavi veramente male, questo è un miracolo.
Anche nei momenti difficili, la tua parte sana può prendersi cura della tua parte malata”.
Quando soffri, di tanto in tanto puoi sempre chiederti: “Quale miracolo ora è accaduto nonostante la malattia?”;
-imparare a coltivare le emozioni positive del Sé superiore attraverso la complicità del corpo.
Di tanto in tanto osserva o rievoca una situazione che ti dà gioia, pace e compassione (ti puoi esercitare trascrivendo su un block notes eventi che ti rendono felice, o che ti hanno reso felice).
Subito dopo cimentati nel “trattenere” tali sentimenti dentro di te per almeno cinque minuti anche quando potrebbe farsi strada la tristezza ed altre emozioni negative.
Per fortificarti nell’intento di “trattenere” le emozioni positive che hai scelto di nutrire, chiama in causa il corpo, talora facendo un po’ nud gin, assumendo attivamente una postura di dignità, respirando più a fondo, sorridendo, facendo gesti di espansione.
Anche il semplice “agire come se quell’emozione di gioia fosse presente”, potrebbe aiutarti a ri-condizionarti positivamente. Talvolta anche un sorriso un po’ forzato, allorchè lo mantieni intenzionalmente, come ci insegna William James, può spingerti a stabilizzare sentimenti positivi che vuoi richiamare alla tua mente.
Secondo Paul McKenna (2002) “somatizzando” più volte al giorno l’emozione che vuoi “nutrire”, a livello neuro-associativo nel tempo puoi “consolidarla”.
Quindi quando senti la tristezza o la rabbia arrivare, fai un passo di lato, evoca la gioia allenandoti a diffonderla in tutte le parti del corpo.
Ciò ti consentirà di non cadere nella depressione, di vincere sulla paura, di trovarti forte e coraggioso nella tua postura di dignità (nud gin).
Franco Nanetti
® “Clinica esistenziale” Copyright
(liberamente tratto dal saggio di Franco Nanetti “Tutto è perfetto … perfettibile …” in corso di stampa)
“Tutte le cose che volete che gli uomini vi facciano, fatele a loro”
Gesù
Come affermava il premio Nobel David Bohm (1991): “Mente e materia sono inseparabili ed interconnesse”, tanto che individuale ed universale si co-creano a vicenda.
Tutto come un ologramma si ri-propone come forma di una coscienza sovraordinata governata da leggi intrinseche all’uomo, alla natura e al cosmo, che sanciscono un ordine universale.
Tali leggi immutabili volte a regolare la nostra realtà, indipendentemente dal fatto che le approviamo o le disapproviamo sono espressione di una danza perenne che determina la prevedibilità degli effetti.
Ogni essere vivente è soggetto a questa danza.
Il non riconoscerle e non rispettarle può porsi come condizione di una disarmonia con noi stessi, gli altri, il nostro destino.
Il poterci affrancare dalla sofferenza inutile implica il diventarne consapevoli, l’uniformarci ad esse e il declinarle nella nostra vita.
Le fondamentali leggi dell’ordine universale che ci conducono verso l’armonia dell’esserci, sono: lo specchio o legge della corrispondenza, la registrazione, la polarità, la risonanza, l’attrazione, la causa-effetto (o legge del karma e del suo inverso), l’abbondanza, il principio dell’essenziale, l’impermanenza come coscienza dell’incessante fluire, legge che implica il lasciare andare, il distacco, l’equilibrio, l’amore, il perdono incondizionato.